Perchè questo blog...


Sono laureato in agraria all'Università di Bari e svolgo la libera professione. Da sempre l'agricoltura rappresenta il mio mondo, prima attraverso l'esperienza nell'azienda di famiglia e poi con l'attività professionale. Da anni mi occupo in particolare di agricoltura biologica.
Questo blog nasce dalla voglia di condividere esperienze e l'idea di un settore che vuole cambiare per tornare competitivo in Italia e nel mondo, focalizzando l'attenzione su innovazione e nuove strategie
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19 febbraio 2014

NUOVA PAC: il Mipaaf analizza l'impatto del greening in Italia


Il Ministero delle Politiche Agricole con un Documento di Lavoro, analizza quali possano essere le possibili ripercussioni in Italia del greening, il pagamento verde introdotto dalla riforma della Politica agricola comune (PAC 2014-2020).

Quanto pesa il greening

Obiettivo del greening è sostenere una serie di pratiche agricole, obbligatorie, benefiche per il clima e l’ambiente.
La componente greening dei pagamenti diretti è finanziata in tutti gli Stati membri con il 30% del massimale nazionale.
In Italia, ciè significa che:
  • per il 2015, a fronte di un massimale nazionale per i pagamenti diretti pari a 3 miliardi e 902.039.000 euro, la quota greening sarà pari a 1 miliardo e 170.611.700 euro;
  • per il 2016 a fronte di un massimale nazionale per i pagamenti diretti pari a 3 miliardi e 850.805.000 euro, la quota greening sarà pari a un miliardo e 155.241.500 euro;
  • per il 2017 a fronte di un massimale nazionale per i pagamenti diretti pari a 3 miliardi e 799.540.000 euro, la quota greening sarà pari a un miliardo e 139.862.000 euro;
  • per il 2018 a fronte di un massimale nazionale per i pagamenti diretti pari a 3 miliardi e 751.937.000 euro, la quota greening sarà pari a 1 miliardo e 125.581.100 euro;
  • per il 2019 e per il 2020 a fronte di un massimale nazionale per i pagamenti diretti pari a 3 miliardi e 704.337.000 euro, la quota greening sarà pari a 1 miliardo e 111.301.100 euro.

Come si accede ai pagamenti verdi

Per poter accedere al pagamento di base integrato con la componente d’inverdimento, l’agricoltore deve osservare sull’intera superficie aziendale:
  • tre pratiche benefiche per il clima e l’ambiente, cioé:
    - diversificazione delle colture;
    - mantenimento di pascoli e prati permanenti;
    - presenza sulla superficie agricola di un’area di interesse ecologico (terreni lasciati a riposo, terrazze, fasce tampone, superfici oggetto di imboschimento e agroforestali);
  • oppure pratiche equivalenti, cioè pratiche pratiche agro-climatico-ambientali che producono benefici pari o superiore alle tre pratiche agricole sopraelencate.

Effetti in Italia

In linea generale, il documento osserva che a fronte di una convergenza sugli obiettivi del greening, si registrano valutazioni negative degli strumenti adottati per conseguirli e degli oneri aggiuntivi a carico dei coltivatori.
Per quanto riguarda, invece, i possibili impatti delle tre pratiche sull’agricoltura italiana, il rapporto rileva che l'impegno del mantenimento dei prati e pascoli permanenti dovrebbe essere facilmente assolvibile, sia perché era già previsto dalle norme della condizionalità nell’attuale regime di aiuti, sia perché non c’è grande convenienza nel trasformare i pascoli esistenti in seminativi. Allo stesso tempo, però, l'analisi sottolinea che l'impegno risulta più vantaggioso nelle aree nord-europee dove ci sono agricoltori che conducono superfici agricole investite quasi esclusivamente a prati e pascoli permanenti, che percepiranno il contributo senza modificare in nulla le proprie attività.
Ben più critico il giudizio sulla diversificazione delle colture: “La presenza contemporanea di almeno due o tre colture nella stessa azienda - si legge nel documento - non assicura affatto un miglioramento agronomico-ambientale: per fare un esempio, un agricoltore che oggi ruota annualmente una singola coltura su tutta la superficie della propria azienda (ad esempio grano/soia) e che, dunque, si comporta in modo virtuoso sotto il profilo agronomico, potrebbe rispettare la diversificazione anche riproponendo ogni anno tre mono-colture sulle stesse particelle, con un evidente danno agronomico-ambientale”.
Da questo impegno sono comunque esonerate:

  1. le aziende con superfici a seminativo inferiori a 10 ettari,
  2. le superfici coltivate con metodo biologico,
  3. le superfici con colture arboree e colture sommerse per una parte prevalente del ciclo produttivo,

il che comporta che la misura coinvolga in Italia poco più di 60 mila aziende.
Molto controverso, infine, il vincolo relativo alle aree di interesse ecologico, soprattutto in un Paese come l'Italia caratterizzato da un'agricoltura intensiva e differenziata e nelle aziende dedicate ad agricoltura specializzata, dove sottrarre alla funzione produttiva il 5-7% della superficie potrebbe minacciare la competitività di alcune produzioni.
Tra l'altro, sottolinea il rapporto, il vincolo di destinazione ad aree ecologiche è uguale per tutta l'Unione, “nonostante il costo che esso impone agli agricoltori vari moltissimo da area ad area” e in alcuni casi sia “ben maggiore dell’aiuto ricevuto dalla componente greening del pagamento diretto”.
leggi qui il documento completo



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